La strada che unisce El Bolson a Cholilla è stata asfaltata completamente da circa due anni e la macchina di Laura è nuova, in un'ora e mezza siamo già arrivati. Durante il tragitto incominciamo a conoscerci e a scoprire alcune cose sul luogo e il progetto. Laura, una ragazza minuta e pacifica in ogni suo gesto e parola, è apicoltrice e si occupa dell'amministrazione nella scuola secondaria di Cholila dove dà anche un paio di classi alla settimana; attualmente sta studiando all'università di El Bolson in modo da poter avere un attestato che le permetta di insegnare anche apicoltura, la sua vera passione. Scopriamo che questa prima notte la passeremo nel piccolo ostello che lei e Dario hanno in paese e non nella granja, per raggiungerla bisogna attraversare un fiume e salire per una collina, non più di 15
minuti per carità, però in questo periodo il fiume è in piena e si può attraversare solo a piedi e di notte senza luce con gli zaini è meglio di no. Dario ci fa trovare cena e birra artigianale prodotta da lui, pronti ad aspettarci in tavola…l'ostello in realtà è una casetta con due stanze da letto e una cucina/salotto che a volte affittano ai rari turisti che si fermano più di un giorno in questo minuscolo paesino , e che usano loro come punto d'appoggio, "ufficio" in quanto c'è una connessione wifi, e casa per quando l'inverno si fa troppo rigido. Dario, fiero discendente di una famiglia Mapuche, è un fiume in piena di parole. Lo stato (e non solo!!!) negli anni ha espropriato le terre ai Mapuche molto facilmente in quanto la proprietà di quest'ultime non è assicurata da documenti scritti ma dal semplice fatto che queste famiglie ci vivono da secoli. Giocando sul desiderio di comodità e si anche sulla pigrizia e sull'ignoranza delle persone, sono state offerte case prefabbricate nei centri abitati vicini, Cholilla ad esempio, in cambio di terre molto più vaste, incastonate in luoghi incantevoli anche se scomodi da raggiungere, con lo scopo poi di rivendere queste terre a privati facoltosi che piano piano stanno trasformandole in resort per ricchi, il che inevitabilmente comporta anche asfaltamento. Quando lo stato ha incominciato a sottrarre con l'inganno le terre alle famiglie Mapuche di Cholila, Dario non ha potuto abbassare la testa, non ha voluto abbandonare le terre e la storia dei suoi antenati e dato che l'unico modo per poter impedire l'espropriazione è l'occupazione fisica dei terreni, sei anni fa si è trasferito qui insieme a Laura e hanno incominciato la loro lotta e il loro progetto. Ci raccontano della durezza dei primi tempi, dover partire dal nulla a costruire una casa, una pompa per tirare su l'acqua dal lago, l'elettricità, tutto da zero con la perenne preoccupazione di lasciare le terre vuote. Per fortuna sono stati aiutati da vari amici, dagli animali in loro possesso, e dalla famiglia di Laura che gli ha comprato una casetta prefabbricata per il terreno che avevano già a Cholila in modo da poter avere un luogo dove appoggiarsi, l'attuale ostello. Ovviamente la battaglia è ancora in corso, con stato e ricchi proprietari terrieri tra cui un facoltoso imprenditore italiano possessore di una immensa quantità di terra, non solo la loro personale, ma quella più grande di tutto il popolo Mapuche per il riconoscimento dei loro diritti sulle terre degli antenati. Dario e Laura, attivisti nella lotta, almeno sono riusciti fino ad ora a costruirsi e mantenere la loro casa e rappresentano un esempio per altri familiari e amici.
minuti per carità, però in questo periodo il fiume è in piena e si può attraversare solo a piedi e di notte senza luce con gli zaini è meglio di no. Dario ci fa trovare cena e birra artigianale prodotta da lui, pronti ad aspettarci in tavola…l'ostello in realtà è una casetta con due stanze da letto e una cucina/salotto che a volte affittano ai rari turisti che si fermano più di un giorno in questo minuscolo paesino , e che usano loro come punto d'appoggio, "ufficio" in quanto c'è una connessione wifi, e casa per quando l'inverno si fa troppo rigido. Dario, fiero discendente di una famiglia Mapuche, è un fiume in piena di parole. Lo stato (e non solo!!!) negli anni ha espropriato le terre ai Mapuche molto facilmente in quanto la proprietà di quest'ultime non è assicurata da documenti scritti ma dal semplice fatto che queste famiglie ci vivono da secoli. Giocando sul desiderio di comodità e si anche sulla pigrizia e sull'ignoranza delle persone, sono state offerte case prefabbricate nei centri abitati vicini, Cholilla ad esempio, in cambio di terre molto più vaste, incastonate in luoghi incantevoli anche se scomodi da raggiungere, con lo scopo poi di rivendere queste terre a privati facoltosi che piano piano stanno trasformandole in resort per ricchi, il che inevitabilmente comporta anche asfaltamento. Quando lo stato ha incominciato a sottrarre con l'inganno le terre alle famiglie Mapuche di Cholila, Dario non ha potuto abbassare la testa, non ha voluto abbandonare le terre e la storia dei suoi antenati e dato che l'unico modo per poter impedire l'espropriazione è l'occupazione fisica dei terreni, sei anni fa si è trasferito qui insieme a Laura e hanno incominciato la loro lotta e il loro progetto. Ci raccontano della durezza dei primi tempi, dover partire dal nulla a costruire una casa, una pompa per tirare su l'acqua dal lago, l'elettricità, tutto da zero con la perenne preoccupazione di lasciare le terre vuote. Per fortuna sono stati aiutati da vari amici, dagli animali in loro possesso, e dalla famiglia di Laura che gli ha comprato una casetta prefabbricata per il terreno che avevano già a Cholila in modo da poter avere un luogo dove appoggiarsi, l'attuale ostello. Ovviamente la battaglia è ancora in corso, con stato e ricchi proprietari terrieri tra cui un facoltoso imprenditore italiano possessore di una immensa quantità di terra, non solo la loro personale, ma quella più grande di tutto il popolo Mapuche per il riconoscimento dei loro diritti sulle terre degli antenati. Dario e Laura, attivisti nella lotta, almeno sono riusciti fino ad ora a costruirsi e mantenere la loro casa e rappresentano un esempio per altri familiari e amici.
Quando la mattina vediamo Cholila e ancora di più saliamo alla granja capiamo meglio perché tanto interesse per questa terra….il paese in se non è veramente nulla, una decina di strade una pompa di benzina un panificio e tre chioschi sembra essersi fermato ai tempi in cui Butch Cassidy, Sundance Kid ed Ethel Place tentarono di stabilirsi qui per vivere onestamente, ma lo spettacolo naturale che la circonda è mozzafiato. Purtroppo per noi l'esperienza sarà breve e in un certo qual modo dolorosa. Arrivati in cima mettiamo gli zaini in quella che sarebbe la casa dei volontari, una casetta di terra che è anche la serra invernale dove far germogliare i semi. Mentre Dario ci mostra il resto della proprietà facendoci ammirare orgoglioso il panorama e il lago maestoso circondato da monti fantastici Andrea viene punto su una tempia da un'ape, e già gli animi si agitano, soprattutto perché Giulia è terrorizzata dalle api però si può sorvolare, basta lavorare in una zona dove le api non arrivano in massa. Oltre a noi ci sono altri tre volontari, una coppia e un ragazzo che sta viaggiando da solo, tutti e tre americani, yankee come li chiamano qui, loro però stanno in tenda, e ragazzi quanto sono dannatamente yankee…tra l'altro praticamente non parlano nulla di castigliano e bisogna fare una continua traduzione dall'inglese.
L'acqua disponibile viene pompata direttamente dal lago ai piedi della collina dove si trova la casa, per poterla bere bisogna bollirla oppure scendere in paese a riempire taniche con l'acqua potabile, inoltre non è molta sicché non ci si può fare la doccia, anche per quello bisogna eventualmente scendere in paese e farsela all'ostello. I volontari tendenzialmente non possono usare il bagno in casa ma usufruire del bagno secco che si trova fuori….una bella invenzione della permacoltura il bagno secco sostanzialmente consiste in un buco con un imbuto collegato ad un tubo dove vanno i liquidi e un secchio dove finisco i resti solidi. I liquidi vanno direttamente agli alberi mentre il secchio una volta pieno viene sigillato ermeticamente e nel giro di un anno diventa utilizzabile per concimare o lo si può pure utilizzare come materiale per la costruzione. La maggior parte della terra è occupata da piante di rosa canina (rosa mosqueta) e il lavoro principale sarà tagliare i cespugli e sdradicare le piante per rendere il terreno coltivabile, la rosa canina è una pianta maledetta, non solo ha delle spine veramente grosse ma le radici sono profonde e lunghissime… il loro terreno ne è veramente pieno a causa delle mucche che in passato pascolavano sulla collina, i semi di queste piante infatti non vengono digeriti e una volta secreti rigenerano nuove piante.
Tutte queste difficoltà e parziali privazioni però non ci spaventano o demoralizzano, la causa della nostra partenza anticipata la incontriamo la prima notte che andiamo a dormire……topi! Ora detta così può sembrare una scemenza anche perché in quanto veneziani dovremmo essere abituati ai topi il problema è che i topini in questione, a onor del vero sono proprio topini piccoli, non solo ci molestano correndo su e giù tutta la notte per il tetto della casa ma molto simpaticamente si fanno trovare sopra uno dei due letti a nostra disposizione. Oltre allo spavento e ribrezzo iniziale, alla scomodità di dover dormire in due in una branda sola con le orecchie tirate in ascolto e un occhio sempre aperto a controllare che i topi non decidano di farci compagnia anche nella seconda branda, ci sono da considerare le varie eventuali malattie che si possono prendere dormendo su un cuscino dove per quanto ci riguarda può urinare uno di questi simpatici roditori, tra cui anche un virus mortale (hantavirus) che proprio quest'anno ha deciso di diffondersi in Argentina. La prima notte in un modo o nell'altro riusciamo ad addormentarci e la mattina dopo ne parliamo con Dario. Mettiamo una trappola per topi nella casa ma più di tanto non si può fare e lui non ha altre soluzioni per noi, l'ostello verrà occupato proprio questa settimana da una famiglia di Buenos Aires, altre tende non ne hanno e non possiamo accomodarci a casa loro. Oltre tutto la situazione in generale è un po' tesa, Laura in questi giorni è occupata con l'università e fa su è giù da El Bolson, quindi praticamente non c'è mai; Dario si sta preparando per un incontro nazionale ed è visibilmente stanco e innervosito, anche perché gli yankee non aiutano, non si capisce se a causa di una difficoltà di comunicazione o perché vivono un po' fuori dal mondo ma nel giro di un giorno e mezzo ne combinano una dietro l'altra…e si che sono qui già una settimana. Come ciliegina sulla torta Dario decide di provare a scendere in paese con il furgone per caricare una piccola cisterna con acqua potabile, ma resta bloccato nel fiume e nel tentativo di recuperare il furgone tirandola con un'altra macchina anche quest'ultima la prima volta viene parzialmente trascinata indietro dalla corrente e si schianta sul cofano del furgone. Alla fine si riesce a tirare fuori ma Dario è distrutto, lo spavento è enorme, il furgone completamente pieno d'acqua ovviamente non funziona più, noi cerchiamo di aiutare come possiamo, siamo gli unici che parlano in castigliano e in questo momento Dario non ce la fa proprio a sobbarcarsi anche la difficoltà della traduzione linguistica.
Nonostante la tensione della giornata quando arriva la sera ci sentiamo meno insicuri rispetto alla mattina, ci sentiamo vicini alla causa di Dario e Laura e capiamo che in questo momento una mano in più potrebbe essergli utile e noi potremmo dargliela sul serio…la notte però è peggio della prima, dormiamo si e no due ore e la mattina mentre lavoriamo la terra, distrutti dalla stanchezza, mettiamo sulla bilancia i vari aspetti e alla fine capiamo che la scelta migliore, anche se dolorosa, è andare via. Non è da noi tirarci indietro, ma ci sono priorità e una di questa è la salute. Ce ne andiamo con il cuore stretto, la pena è veramente tanta e ci sentiamo in parte sconfitti. Ma crescere significa anche saper dire:"no, basta, oltre non posso andare", bisogna anche imparare a riconoscere i propri limiti, e noi qui ci siamo scontrati con un nostro limite (la salute!!!), abbiamo dovuto affrontarlo e prendere una decisione. Il dispiacere è enorme anche sotto l'aspetto egoistico, avremmo potuto imparare molto sia sul tema delle popolazioni originarie, tema che Andrea adora e appassiona, sia per quanto riguarda la lotta e la difesa della propria terra. Dario dice che Cholila è così, un momento ti porta in alto fino quasi a toccare il cielo e in un altro momento ti trascina giù fino al fondo della buca; speriamo di avere la possibilità di riaffrontare Cholila e viverla in un'altro modo perché mentre prendiamo l'autobus che ci porterà a Esquel ci sembra di esserci noi, nel fondo della buca."Bandera de todos los colores" - popolazioni originarie America Latina |